Aldofleda dei Franchi, Regina d’Italia

Aldofleda dei Franchi, Regina d’Italia
Aldofleda dei Franchi, Regina d’Italia

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Aldofleda

è a tutti gli effetti un mistero. Ignoriamo praticamente tutto di lei, a parte l’identità dei genitori e i fatti incontestabili di chi fossero suo fratello e suo marito: le date di nascita e di morte sono quantomeno dubbie (non siamo neppure sicuri che fosse la sorella maggiore di Clodoveo), così come quella del suo matrimonio. Perfino il suo nome è incerto: la versione più accreditata è “Audofleda”, ma anche “Autofleda” e “Aldoflede” sono frequenti. Personalmente ho scelto di adoperare la versione “Aldofleda” unicamente perché la trovo maggiormente assonante al personaggio.

Considerate le sue parentele, è veramente sorprendente come il personaggio della sorella di Clodoveo, destinata a diventare anche la prima Regina d’Italia, sia tanto sconosciuta... E che a tutt’oggi nessuno si sia realmente interessato ad approfondire la sua figura dal punto di vista storico. L’unica possibile spiegazione di tale situazione è che Aldofleda sia stata intenzionalmente “rimossa” dalle cronache secondo la sperimentata pratica romana della “Damnatio Memoriae”, che consisteva nella rimozione sistematica del personaggio dalle cronache e dall’iconografia in quanto sgradito alle gerarchie in controllo di quelli che all’epoca erano gli unici “media” disponibili e cioè letteratura, pittura e scultura. In età imperiale tali gerarchie erano rappresentate dall’augusto del momento e dalla sua cancelleria, mentre a partire dall’inizio dei Secoli Bui rimane solo la Chiesa... Con la differenza che mentre gli augusti successivi e i cronisti loro contemporanei sovente riabilitavano il personaggio “rimosso”, la Chiesa per sua natura manteneva la sua posizione attraverso sufficienti generazioni di letterati ed artisti per cui il ricordo della persona in questione veniva perduto completamente o quasi.

 

Quale poteva essere la ragione per cui la sorella di un re acclamato dalla Chiesa come Clodoveo e moglie di un sovrano tenuto in altissima considerazione dai cronisti contemporanei e successivi, e che sappiamo essere vissuta relativamente a lungo, abbia incontrato una tale ostilità da parte delle gerarchie ecclesiastiche del suo tempo da richiedere la sua cancellazione dalla storia?

Non lo sappiamo. Possiamo solo fare delle ipotesi, e la più ovvia riguarda le eresie dell’epoca: Aldofleda, come i suoi genitori e fratelli, nasce pagana. Considerata la sua storia matrimoniale, è plausibile credere si sia convertita al cristianesimo ariano all’atto del matrimonio, e questo di per sé è causa di ostracismo da parte della Chiesa cattolica (che all’epoca veniva definita “calcedoniana” in Oriente e “Nicena” in Occidente), ma conosciamo molti sovrani ariani dell’epoca - regine comprese - assai meglio di quanto sappiamo di Aldofleda, anche quando ci si riferisce a personaggi dall’impatto storico assai ridotto. Questo lascia supporre che, a parte l’eresia delle sue supposte convinzioni religiose, ci fosse altro ad attrarre il biasimo della Chiesa: aspetti che potevano rappresentare un cattivo esempio per i devoti cristiani dell’epoca. Qui ovviamente entriamo nel campo della fantasia, e quindi nessuno storico ha mai ritenuto di sbilanciarsi. Chi scrive non ha certo l’ambizione di definirsi uno storico, e quindi nell’ambito della nostra narrazione abbiamo fatto delle ipotesi che appaiono congrue con la situazione dell’epoca e pertanto plausibili.

 

La prima osservazione che sorge spontanea è che se la Chiesa si è presa il disturbo di applicare la “Damnatio Memoriae” ad un personaggio di rilievo del suo tempo, questi deve aver commesso qualcosa di rilevante, assai più dell’essere semplicemente esistita ed essere stata eretica: deve aver avuto successo nelle sue azioni anche se queste erano da ritenersi blasfeme, e pertanto rappresentava un esempio pericoloso.

L’osservazione che ne consegue è che mentre risulta complesso ma comunque possibile per la Chiesa dell’epoca cancellare la memoria di un personaggio importante, era meno facile cancellarne le azioni, e se queste erano abbastanza rilevanti da richiedere la procedura della “Damnatio” probabilmente più che cancellarle era conveniente sminuirle ed eventualmente attribuirle ad altri che in qualche modo rappresentassero un cattivo esempio meno pericoloso.

 

Considerato che Aldofleda lascia relativamente presto la corte di Clodoveo, prima cioè che questi si lanci nella sua impressionante serie di conquiste territoriali, è ragionevole pensare che gli atti incriminati di Aldofleda siano stati attribuiti a suo marito.

Senza scendere troppo nel dettaglio delle imprese del regale consorte di Aldofleda, è interessante osservare come molti dei suoi numerosi biografi notino che, sebbene egli sia stato per tutta la vita un validissimo condottiero e abbia sempre goduto di un’indiscussa lealtà da parte della sua gente, le sue capacità diplomatiche e amministrative si siano palesate quasi improvvisamente al momento della conquista del suo regno, e che si siano praticamente dissolte in tarda età. Considerato che il periodo della conquista dell’Italia corrisponde a quello del supposto matrimonio con la sorella di Clodoveo e che la data della morte di Aldofleda è ignota, è plausibile pensare che la fase politicamente più redditizia del regno di suo marito corrisponda proprio a quello del loro matrimonio.

È anche interessante notare come le qualità diplomatiche e amministrative di cui si parla corrispondono in larga parte a quelle dimostrate da Clodoveo nel suo regno: capacità di accattivarsi la simpatia e la lealtà dei sudditi latini, di cooperare con la Chiesa, di forgiare alleanze durature con una politica matrimoniale ambiziosa e dinamica, e di alimentare un’economia bilanciata fra latifondo e piccola proprietà terriera. Di nuovo non è dimostrabile ma è plausibile supporre che tali considerazioni politiche originassero da personalità affini come quelle dei due fratelli merovingi.

 

 

 

Se tali considerazioni risultano valide, è ancora più interessante rilevare come tali qualità politiche risultino assolutamente lodevoli anche dal punto di vista ecclesiastico dell’epoca, purché poste in atto da sovrani di sesso maschile; al contrario, se perseguiti da donne diventano esempi pericolosi di autorità esercitata con successo da donne in un periodo in cui la Chiesa, permeata dagli insegnamenti misogini di San Paolo e di Sant’Agostino, si sforzava di comprimere e di limitare la funzione femminile ad un ruolo assolutamente comprimario in sede politica e sociale, e financo economica.

In sostanza, se Aldofleda oltre ad essere eretica si sia rivelata anche un’abile sovrana, è plausibile che abbia attratto non solo l’ostilità della Chiesa, ma anche attivato la necessità di cancellare i suoi atti dalla storia per evitare che rappresentassero un esempio negativo per le generazioni successive di regnanti. È un fatto che i rari esempi successivi di regine carismatiche dei Secoli Bui siano tuttora additati come estremamente negativi: le brave regine erano inevitabilmente solo ottime filatrici di lana e madri caritatevoli, mentre quelle cattive erano tutte streghe.

Nel ciclo narrativo dei Secoli Bui, Aldofleda ha capacità, caratteristiche e peculiarità simili a quelle del suo più celebrato fratello, ma anche ambizioni e frustrazioni specifiche della sua condizione femminile: per molti versi è una femminista del suo tempo, dove la determinazione personale si accompagna inevitabilmente ad un egoismo e ad una mancanza di scrupoli tipici del periodo.

Aldofleda non è né buona né cattiva, così come non lo è la Chiesa che la avversa e per la quale ella stessa nutre un’ostilità comprensibile e decisamente ricambiata: semplicemente entrambe fanno la loro parte in un periodo storico che vede i diritti individuali di tutti drasticamente compressi a vantaggio dei soli sovrani barbarici... Purché di sesso maschile.

I merovingi hanno una fama consolidata, e Clodoveo la renderà imperitura a dispetto dei “re fannulloni” suoi discendenti: la loro capacità di leadership avrebbe caratteristiche quasi mistiche; visti i suoi successi dobbiamo credere che queste fossero effettivamente notevoli e potrebbero effettivamente essere state trasmesse in via ereditaria, almeno per un po’.

Aldofleda si muove dunque sullo scenario della fine del V Secolo con una ingenua curiosità dettata dall’ignoranza e una spietata determinazione indotta dall’ambizione.

Non ci sono elementi sulla sua giovinezza trascorsa presso i Franchi, e non conosciamo neppure la data esatta del suo matrimonio in quanto le poche fonti in merito sono contraddittorie. Sembra però che il matrimonio fra le due dinastie teutoniche più in vista del loro tempo sia stato celebrato prima dell’invasione dell’Italia, e questo sarebbe coerente con l’idea che Aldofleda sia all’origine della politica dinastica di suo marito. Se il matrimonio è successivo all’invasione, allora dovrebbe essersi svolto guerra durante perché la loro figlia primogenita potesse nascere alla data fissata dalle cronache, e questo appare difficile viste le vicende belliche; d’altra parte se il matrimonio fosse precedente all’invasione, avrebbe avuto luogo in un momento in cui lo sposo e il regno dei Franchi non avevano rapporti per ovvie ragioni geografiche... Il che porta a pensare che come già lo sposo, anche la sposa possa essere stata brevemente ostaggio oppure ambasciatrice presso Costantinopoli, come era usanza all’epoca. In effetti Aldofleda alla data del matrimonio appare insolitamente adulta per l’epoca, quando il matrimonio attorno ai quindici anni era la norma, e quindi il suo invio presso la corte imperiale da parte del fratello appare coerente non solo con le usanze ma anche con le capacità e le abitudini diplomatiche di Clodoveo. Infine una data di matrimonio precedente alla campagna d’Italia confermerebbe come la politica dinastica sviluppata in contemporaneità con la campagna stessa sarebbe stata inspirata proprio da Aldofleda sulla scorta dell’esperienza maturata a Costantinopoli e attraverso il suo stesso matrimonio.

Quanto sopra appare ancor più plausibile quando andiamo a verificare l’educazione della figlia di Aldofleda, che tutti i cronisti descrivono come molto “romana” e poco “barbarica”, con tutte le conseguenze che ne verranno: se infatti Aldofleda, forte delle stesse opinioni filo-imperiali di suo fratello (che dell’impero fu il più solido alleato in Occidente) e fautrice di un’integrazione con la popolazione latina da parte della nobiltà teutonica, gestì in prima persona la formazione della giovane principessa, appare chiaro come questa non venne affatto a corrispondere alle idee del re e della sua corte (che questa a integrazione erano palesemente ostili).

La presenza a Ravenna di un personaggio come la Aldofleda qui delineata viene anche a spiegare almeno in parte l’improvviso deterioramento dei rapporti fra teutoni e italici verso la fine del regno di suo marito. Il fatto che alla morte di questi la reggenza andò alla loro figlia indica come Aldofleda morì prima di lui, e a questo punto diviene ragionevole vedere come la politica reale di coesistenza con l’elemento latino fosse effettivamente dovuta proprio all’influenza di Aldofleda, tendente a perseguire le stesse linee sociali di suo fratello, e che alla sua morte tale politica venisse a cessare determinando la decadenza del regno.

In quest’ottica il contributo di Aldofleda al governo di suo marito appare determinante, e così la sua influenza; un livello di autorità simile da parte di una regina, per di più ufficialmente ariana, non poteva che essere invisa alla Chiesa, e questo viene a spiegare una volta di più la “Damnatio Memoriae” che ne seguì.

 

Naturalmente tutto questo, in assenza di prove storiche documentate, rimane unicamente uno scenario teorico e assolutamente non dimostrabile. Appare però coerente con i dati disponibili e con il contesto generale del periodo, e quindi fornisce una base per la trama della nostra storia. Fornisce inoltre l’ennesima base di sostegno al concetto che dietro ad ogni grande uomo della storia si cela sempre almeno una grande donna.

Onore quindi ad Aldofleda, prima Regina d’Italia.